Descrizione
Analisi del testo di Pietro Pizzichemi
Il libro sull’anima degli autori Seklitova e Strelnikova, è centrato su un immaginario dialogo con Dio che gli stessi pensano di ricevere dalle Gerarchie cosmiche superiori.
Non è di facile lettura, ma presuppone una intensa riflessione e un ordinamento di idee per giungere ad una buona comprensione del testo e del significato essenziale. La terminologia è molto ricca, nella ricerca della precisione e della chiarezza dell’espressione.
L’evoluzione dell’anima, nei suoi vari livelli crescenti, è il tema portante dell’opera. La matrice dell’anima è immortale e senza tempo e si riempie di energia durante le varie esperienze. Il mondo terreno ha 100 livelli che devono essere superati per accedere ai mondi superiori in cui l’anima diviene un’essenza intelligibile, una vera intelligenza.
Nel neoplatonismo e nella filosofia di Plotino, si parla proprio di una gerarchia degli esseri, in cui l’intelligenza è proprio il principio dell’anima e della vita, che non è riservata soltanto al mondo biologico, ma espansa anche a stelle e pianeti. I nostri autori si ricollegano in parte a questo modo di filosofare e a quest’impostazione metafisica, ripresa dalla cultura araba medioevale e dalla corrente islamica dei sufi.
I determinanti sono entità spirituali intermedie tra le essenze e le anime terrestri. Attuano il programma prestabilito, cioè il percorso evolutivo delle creature nel piano materiale, fino alla morte.
Molte sono le tematiche riprese dalla filosofia orientale, la reincarnazione, il karma, il giudizio divino, ma ci sono trattazioni originali che riguardano la configurazione dell’anima, le celle, il riempimento energetico.
Interessanti sono le figure rappresentative delle Gerarchie degli esseri e della matrice dell’anima, dal punto di vista grafico ed estetico. Accurata è la trattazione del pensiero, nei suoi aspetti materiali, astrali, mentali e spirituali. Sulla terra il pensiero è legato all’immagine, nel mondo sottile invece, è collegato direttamente alla realtà, nel senso che il pensiero stesso crea le forme. Il cervello è un trasduttore di energia che traduce impulsi sottili in energia elettrica, sonora e luminosa, ma non è la sede del pensiero.
Esso può essere quindi, verbale, telepatico, cosmico e illuminato. I numeri sono trattati come sorgente della realtà, di pitagorica memoria.
Una critica all’idea di reincarnazione parte dal fatto che, alle origini della tradizione antica, non c’era il concetto di trasmigrazione delle anime in nuovi corpi, nella stessa dimensione ontologica. In merito, il pensiero di René Guenon, grande studioso di testi orientali, è molto chiaro. Non si torna nella stessa dimensione, perché nel cammino evolutivo non si torna indietro. E anche, l’anima individuale umana, non potrà informare un corpo animale di tutt’altra natura. Pure la critica all’idea del karma, parte dalla critica all’idea umana di giustizia, che si vuole applicare alla giustizia divina, la quale non funziona secondo i nostri parametri. Tre grandi esempi sono inscritti nel testo biblico. Nel libro di Giobbe, si parla della ribellione di quest’ultimo alle sofferenze del giusto. Dio risponde a Giobbe dicendogli: “Dove eri tu quando io creavo le stelle, gli oceani, le montagne?…ecc.” Non ci può essere, cioè, nei confronti di Dio, un diritto di retribuzione. Tutto nasce per amore, come dono, non per merito. Infatti, dopo le piaghe e i dolori subiti, Giobbe ritrova la salute, i suoi beni e la sua famiglia. Cosa vuol dire? Che la sofferenza non è una punizione e i limiti, i dolori subiti, fanno parte del percorso di crescita in coscienza e in consapevolezza.
Se non c’è un vero merito, non c’è neanche una vera colpa che permetta una vera punizione. Tutto è invece programma educativo volto al miglioramento di se stessi e degli altri in una grande comunione. Gesù nel Vangelo di Giovanni, porta ad esempio il cieco nato. Dice che né lui,né i suoi genitori hanno peccato, ma che è cieco perché si manifestino le opere di Dio. E nel Vangelo di Matteo, Gesù espone la parabola dei vignaiuoli dell’ultima ora. Essi vengono pagati come quelli della prima ora. Perché Dio è buono, dice Gesù, e vuole trattare i primi come gli ultimi. Gesù dice anche che bisogna perdonare settanta sette volte sette, che vuol dire sempre. L’amore vero è incondizionato. L’uomo, se vuole essere divino, deve imparare quindi l’amore incondizionato. Perciò, sulla scia di questo discorso, non parlerei della distruzione dell’io personale e individuale. Nel testo, non si capisce bene, se per gli autori esista la possibilità di una distruzione della personalità, nei casi di comportamenti gravi, irrisolti in una lunga serie di vite successive. Infatti, se la matrice dell’anima è eterna, perché l’io individuale dovrebbe essere distrutto o trasformarsi in un’altra persona o in un animale o in una pianta? Va detto che l’idea dell’anima individuale è un tallone d’Achille della filosofia greca, che non è stata del tutto completata neanche dal pensiero cristiano. L’anima è entelechia, dice Aristotele nel suo trattato, cioè è potenza attuata perfettamente. Egli afferma che essa è forma del corpo e nel suo aspetto intellettivo, ha una sua autonomia. Però non va oltre. Invece Tommaso d’Aquino parla di anima immortale come forma sussistente, cioè fa un tutt’uno con il corpo che vivifica ed è specifica in questa relazione. Penso che la purificazione dell’io, non possa quindi comportare la sua distruzione, ma bensì la sua armonizzazione con L’Io superiore, divino e infinito.
La dualità Dio-diavolo è un altro tema ricorrente del libro, in cui, a mio avviso, correttamente si sostiene il lavoro della negatività e del male, a servizio del Bene, nel senso che tutto l’agire concorre alla gloria di Dio e alla felicità delle creature.
In conclusione, direi che il lavoro dei nostri autori è positivo e merita lettura, attenzione e riflessione.
Il molteplice è la manifestazione dell’Uno e nell’Uno è insita la dualità dell’essere e il principio di relazione e di interdipendenza di tutte le cose.
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