Descrizione
“Non è suo figlio quello con il passamontagna rosso e il maglione giallo?”.
Le mani di suo padre tremavano nel leggere la scritta sulla foto. E subito gliel’aveva sbattuta sul piatto ancora vuoto all’ora di cena.
Allora?
Era trasalito e sbiancato come un lenzuolo. Top della sfiga quella sera indossava proprio quel maglione giallo!
Papà, è stata la bravata di una volta! E sapeva di mentire, ma in quell’istante non trovava altre parole, o almeno sperava di concludere il dialogo con meno sfuriate possibili.
La bravata di una volta? La bravata di una volta? Bravo! Hai decisamente elevato il tuo status. Mannaggia a te figlio disgraziato! Dalle bombolette ai sassi sull’autostrada! Ma che cazzo di figlio mi ritrovo? Un figlio fuori di testa, porca miseria! Potevate ammazzare qualcuno!
Poi se n’era andato sbattendo la porta, rientrando subito dopo con il diavolo in corpo: Adesso mi dici chi erano i tuoi amici!
E lo minacciava con l’indice davanti alla punta del naso, rimbalzandolo per aria come un direttore d’orchestra fermo sulla stessa nota.
Begli amici che hai! Ma io non so! Non capisco! Ma sei scemo o lo fai?
Quella volta dovette spiattellare il nome di tutti per farlo smettere di imprecare e urlare all’inverosimile.
Eppure era incredibile, e sarà stata la situazione, ma sentiva un malessere profondo per averli traditi. Ogni volta che saliva con loro su un ponte, immancabilmente si era sempre ripetuto che sarebbe stata l’ultima volta.
Poi si lasciava invischiare da quel desiderio adrenalinico di spaventare.
Sì. Solo spaventare. Perché i sassi fingevano di scagliarli nel momento del sopraggiungere dell’obiettivo, ma tirandoli solo dopo il passaggio dell’auto, quando erano certi che non ne arrivassero altre, allora li lanciavano ma senza realmente pensare di fare del male.
E come diavolo potevano averli fotografati se si affacciavano al parapetto all’ultimo momento?
Ah! Forse qualcuno era poi tornato indietro!
Ma come? Sull’autostrada non è possibile invertire il senso di marcia.
Sta di fatto che il giorno successivo, anche gli altri avevano avuto i genitori informati ed avevano ricevuto le annesse scenatacce e rimproveri similari.
Comunque l’avventura dei cavalcavia si concluse senza colpo ferire e anche la vicenda della foto non ebbe più un seguito.
Alla stazione non c’era anima viva. Erano le sei e trenta del mattino di un sabato d’agosto, un giorno come tanti per la maggior parte dei planetari, ma non per lui.
Quel giorno avrebbe voluto dormire fino a mezzogiorno e invece era in piena fibrillazione per quella misteriosa convocazione dell’avvocato.
Non aveva chiuso occhio tutta la notte e s’era pure alzato un paio di volte per colpa dell’antifurto del vicino che pareva impazzito.
Andiamo una settimana alle Canarie, posso affidarti la casa?
E come già nell’occasione d’altre vacanze aveva fatto il guardiano della più graziosa villetta della borgata.
Non preoccuparti, ci penso io, ma sabato mattina vado dall’avvocato.
E già si sentiva alleggerito da quel peso.
Spero non mi trattenga a lungo.
Ah. Queste cose non finiscono mai.
Poi continuò curioso.
È sempre per la tua casa?
Non lo so. Può essere. L’altra volta mi ha detto che i miei erano in regime di separazione dei beni e tutta la proprietà sarebbe diventata di mia madre. Ma non credo voglia parlarmi di questo. Me lo avrebbe accennato. E al telefono non ha voluto sbottonarsi.
Sei ansioso?
Che dirti! Rispose di getto.
Alla fine, a ben pensare, non avrebbe dovuto tormentarsi più di tanto, non era certo la prima volta che andava in quello studio al primo piano di Via Sacchi e comunque, in quell’istante, proprio non aveva intenzione di appesantire il fardello delle inquietudini che già lo perseguitavano giornalmente.
Intanto doveva anche rivedere alcune pagine della tesi in Criminologia “Sintomatologia adolescenziale di un omicida”, così il badare alla casa improvvisandosi tuttofare gli era diventato il passatempo più normale del mondo.
Avresti dovuto guardare e aiutarmi quando lo facevo io, così ora sapresti come fare.
Era sempre lì che andavano a parare.
Ma per più di dieci anni quelle parole non s’erano mai sentite. Piuttosto dominava il “Lascia stare, faccio io”...
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