Descrizione
EDITORIALE DI FABIO MARTINI
Mi accingo a scrivere, dopo aver finito, giusto da pochi minuti, il libro che voi avete tra le mani.
Averlo letto per la settima volta, aggiunge ai miei sensi valenza dell’appena empaticamente rivissuto.
Non vi sono salvificatio, non vi sono voli pindarici, e quello che è, è; l’evoluzione mentale a volte ci dona incubi che praterie si stendono a vista d’occhio e non ne siamo capaci di misurarne l’ampiezza, e quel non poterlo fare – o volerlo fare – immaginifica il nostro super Io e in men che non si dica, ci ritroviamo ad aver superato il punto di non ritorno.
Ricordo nella mia infanzia, un uomo ormai maturo, dicevano che a vent’anni dopo un viaggio dall’LSD non fosse più tornato e per anni – tra un paese e l’altro vi erano circa sei chilometri – lui, lì, ad andare avanti e indietro tutto il giorno, una specie di forrest Gump de noiatri, tanto che noi stessi che lo vedevamo passarci davanti almeno due o tre volte al giorno, neppure ci facevamo più caso. E fu così per tutta la mia infanzia, la mia pre-adoloscenza e pure l’adolescenza; poi andai via da quella mater zona e mi inerpicai anch’io tra le montagne e le foreste sconosciute della vita, e anche io in fondo, spersomi ormai, sto andando avanti e indietro, perché la vita è così. La vita è un andare avanti e indietro dal nulla all’ignoto, davanti ad un mondo che neppure ci fa più caso.
La nostra autrice racconta di una ragazza che ad un certo punto della sua giovane vita, comincia a vedere un mondo tutto suo di immagini che parlano, e le parlano, la amano a modo loro, e lei pensa che la odino anche se a volte li redama. Non vi è mai fine alla nostra mente.
Un dono penso io, che se vissuto tra gli amerindi sarebbe stato un valore aggiunto, ma che nel nostro stupido mondo occidentale, tutto il diverso diventa un problema; perché non recintabile, non procedurabile, una specie di costo straordinario inatteso.
Un libro che, se sarete empatici, vi farà volare via. Kara è una ragazza di una dolcezza straziante che sola, per sette anni ha vissuto una casa affollata di figure oniriche e reali da non distinguerle neppure più.
Un libro che vale la pena leggere, per la pena che esprime, per il sublime che emana, dalla prima parola all’ultima. Brava Ada Mantice e grazie per il coraggio di aver saputo parlare di sogni così tanto impervi e tanto umani quanto l’aver sgamato quegli umani stessi, che giudicando, hanno mostrato di non esserlo, umani.
Per L’Inedito un’altra pietra miliare del suo percorso che altrettanto pare una prateria sconfinata. Viva L’inedito Letterario.