Descrizione
“La bandella” di Fabio Martini
La poesia, per il poeta, è un flusso. Un flusso tempestoso di pensieri trasformati in versi. Una mielata di emozioni che a volte diventa poesia, anche se il più delle volte arena come una nave nelle acque basse di barriera che seppur corallina – ricca quindi di fauna e flora a perdita d’occhio – diventa trappola mortale anche per i migliori naviganti. Tutto si svolge quando il poeta si ritrova sperso infatti, incagliato nel suo stesso verseggiare. E nonostante le innumerevoli motivazioni, le idee, la buona volontà, nonostante tutto, non esce. Non quaglia. Proprio come una nave, scaraventata dall’altro lato con l’evidente rischio di non riuscire ad uscirne più. Dietro quel flusso tempestoso di parole, amori ed emozioni, il poeta si accorge che qualcosa manca, quell’ultimo confine verso la prateria della poesia in libertà. E lì deve capitolare verso l’evidente quid, l’underground della conoscenza della tecnica, della ritmica, della versificazione come ferro del mestiere. Quell’esercizio se vogliamo, quel minimo comune multiplo che permette da solo la disgregazione della grammatica delle parole per quella matematica necessaria a riporre al punto giusto, al momento giusto, la strofa, il verso, la battuta, l’accento, la rima, al fine di coniugare un verbo poetico che seppur qualunque… almeno tale sembri. A questo punto, tutto quello che si sentiva di voler dire, di voler rappresentare, di voler esprimere appieno, si esprime. Dalla tiritera identica e ripetitiva di quel flusso tempestoso precedente, questa volta lo ritroviamo trasformato in poesia – magari accademica – ma poesia, che da quella esercitazione, subentrato il praticantato, il concreto mestiere, che da mestiere diventa poesia, e che seppur libera, porta già con sé tutto quel po’ po’ di armamentario cosiddetto tecnica; e questo, il nostro poeta Saro Di Modica, l’ha colto perfettamente. Perché il nostro, da una parte esprime il verso libero camminando in punta di piedi. dall’altro si esercita in erculee prove di tecnica poetica facendo esercizio, ammaestrandosi ai versi classici, sapendo di arrivare, in quel modo, al gran tunnel: il corridoio che punta proprio a quel verso libero che altro non è che l’endecasillabo che quando diventa sciolto, ormai, di libero verso si può già parlare. E nonostante che a volte, ancora, versifichi nel labirinto dove si è cacciato è evidente che ormai già ha intuito l’odor dell’uscita. Un Icaro, scovato in questo mare di poeti di rete, al quale ci permettiamo pensare aver dato una marcia in più con questa breve pubblicazione. Silloge questa, articolata, di una poesia che seppur articolata anch’essa già è ampiamente fruibile anche al lettore meno addentro, meno propenso, quasi riottoso. E proprio a questi ultimi tre che ci rivolgiamo, perché la poesia è la musa massima della scrittura, del pensiero e della buona parola dove basta a volte, solo una onesta scrittura e tutto è già pronto per un’altrettanto buona lettura.
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