Descrizione
“La Bandella” di Aurora Motta
Un giorno tornai a casa con la testa rasata e mia nonna smise di parlarmi per settimane. E il giorno in cui mi sono trasferita da casa di mia nonna, mi sono fatta una cresta da mohicano che continua a caratterizzarmi. Mi sono innamorata della cultura punk a dieci anni. La salvezza dalla banalità del mondo; una provocazione, l’apoteosi della sfacciataggine, un’armatura che lasciava uno spiraglio solo alle persone che guardano oltre. Ovunque vado ricevo complimenti e insulti, foto fatte a tradimento, ma non mi interessa niente di tutto ciò. È come se gli altri non esistessero. Non aiuta il fatto che oltre ad essere strana sono sempre stata incredibilmente sola. Per questo ho scoperto la lettura. Divoravo libri in un giorno o due mentre sentivo i bambini della mia età che giocavano per strada, e creavo legami con i personaggi dei miei libri che andavano oltre ogni legame terreno. Vedevo me stessa in loro e ed era l’unico momento in cui mi sentivo compresa. Ho letto della lotta di Momo contro i signori grigi, di una bambina sola e scalza che sente il bisogno di salvare il mondo da sola, e ho capito che in qualche mondo, anche immaginario, esisteva qualcuno come me. E poi ho iniziato a scrivere. Storie sconnesse di ogni tipo per sbrogliare a poco a poco il groviglio che sono i miei pensieri. Poi ho scoperto la poesia. Al mio primo soggiorno all’ospedale psichiatrico, stavo sdraiata senza fare nulla e le parole hanno iniziato a frullarmi nella testa e sentivo che sarei impazzita se non le tiravo fuori. Scrissi la poesia con cui apro questo libro – e fu anche il primo viaggio nella mia psiche perversa – in cui imploravo a una “madre” di lasciarmi tornare tra le sue braccia, perché il mondo mi aveva trasformato in un mostro. E poi ho continuato, con le mie poesie raccontavo storie, esprimevo emozioni che non esistono ed eccomi qui. Ho iniziato a imparare l’inglese a dieci anni, quando mi addentravo nei forum più oscuri e leggevo su internet le storie più disturbanti. Presto ho iniziato a leggere libri in inglese, assorbivo come una spugna le parole sgraziate e le facevo mie. Ho iniziato a scrivere in inglese perché è la lingua dell’impatto, con parole forti e decise, è anarchica nelle sue regole di grammatica inesistenti, e mi accorgevo che c’era sempre la parola che cercavo a portata di mano per esprimere anche il più complesso degli stati d’animo. Questo si è evoluto in un’adorazione per la non-musicalità dell’inglese, che è perfetta per quello che sto cercando di comunicare, che molte volte è astio e sofferenza.
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.