Descrizione
Prefazione di Maria Pellino
“…Perché la dignità la conosco/nel mio comportamento/nel mio essere sociale/nelle mie ribellioni/nel mio libero pensare…” Questo è Fabio Martini.
Un poeta, un intellettuale, uno scrittore d’altri tempi che colpisce di anima e di autenticità con corazzate e sferzate di verità, frutto di una mente fervida, ampia, da far tremare i muri del tempo. L’essenza di uomo colto di cui è impregnata la sua pelle traspare dalle sue parole imprevedibili, eppure ricche di storia, di sentimento, di valori, di etica, di cultura. La sua poesia è un vivere perdurante, un grido di umanità pura. Ma quella verve intellettuale che lo contraddistingue è accesa e fluisce tra argini e barriere, scalfisce i torpori dell’esistenza. La poesia di Fabio incarna l’intensità in una concatenazione tra sentire ed essere, tra realismo e immaginazione, commistione che lustra gli spazi bui della mente e del cuore. Genovese d’origine, pur rimanendo fedele alle sue radici, sperimenta altre culture, lasciandosi compenetrare. Figlio e cittadino di un’universalità che vuol significare apertura mentale e culturale, umana e sociale. Quello che si evince dalla poesia di Fabio è lo zelo e il fermento interiore che impregnano i suoi versi. Qui, si fa portavoce di un carico valoriale ed etico di stampo idealistico, ma anche fortemente realistico, ancorato a elementi storici, avvenimenti esistenziali, sentimenti collettivi. Pertanto l’interlocutore è il lettore protagonista che non può sottrarsi alla responsabilità cui viene chiamato, ovvero a prendere coscienza di sé, definirsi attraverso ciò che è descritto in immagini poetiche. Fabio sprona a prendere possesso di ciò che si è, interiormente, socialmente, individualmente attraverso una poetica mai educazionale, quanto ispiratrice di libertà e onestà intellettuale. Anche nelle pagine in cui narra l’amore e i sentimenti, il vero e il reale predominano in versi arricchiti di passionalità e dolcezza che contraddistinguono il suo animo. Il suo linguaggio è colto e sperimentale. Particolare e d’avanguardia lo stile. I suoi versi fanno vibrare le anime pulsanti, aprono nuovi orizzonti, accendono il fuoco della passione verso la vita e verso ciò che vorremmo diventare. Questa raccolta di Fabio è la seconda silloge di poesie molto corposa e rappresenta in parte il quarantennio della sua attività poetica. Esse sono la vita stessa del poeta, il frutto della sua ispirazione, la traccia tangibile della sua anima autentica.
“La bandella” firmata dall’autore stesso.
Un’altra porzione di quei quarant’anni anni di poesia che rappresentano parte del mio scrivere, se considero l’altro, la prosa. Come scrissi nella mia breve prefazione nelle bandelle di copertina del precedente libro di poesia (“Terre di confine” con lo stesso marchio editoriale) macro libro, ben più di una silloge periodica, ma una specie di opera omnia incompleta (che questa, parrebbe completarla, pur dichiarandola ancora incompleta) ebbene, in quella breve apparizione diretta, dicevo: “…Perché il poeta scrive per tutti e per se stesso e per chi arriverà, poesie d’amore verso l’amore unico e immortale). Poesie prosastiche, caratteristica che mi appartiene per provenienza letturale e scelta letteraria, rivolte al sociale, colme d’amore imperituro all’essere umano e alle scelte inopinabili che lo dovrebbero caratterizzare nel suo lato comunitario, collettivo, verso gli altri; infine quelle introspettive, quasi filosofiche, perché il poeta è anche un po’ filosofo. Resta la poesia sociale quella che amo di più, quella dedicata alle nefandezze che il potente perpetua contro l’uomo qualunque; della minoranza sulla maggioranza, contro le ingiustizie, le guerre, le aberrazioni dei poteri forti contro la vita quotidiana del popolo, costantemente manipolato. Come la precedente “Terre di confine” anche questa antologia personale di quasi duecento pagine, raccoglie poesie che nell’arco di questi quarant’anni hanno rappresentato maggiormente l’occhio rivolto alla riflessione personale verso il mondo; la mia parte più curiosa, quella che sgama la massa e ne sorride sotto i baffi e poi subito dopo se ne infuria. Scrivo e mi inquieto perché soffro per coloro che come me, pur accorgendosi degli avvenimenti con tanto di squadra e compasso (nessuna allusione credetemi) non si capacitino di come mill’altri non capiscano nulla e vivano giornate, settimane, mesi e anni, nel buio più completo. Per me resta tutt’ora un mistero. Buona lettura e grazie della vostra attenzione.