Descrizione
“LA BANDELLA” di Fabio Martini
Seneca: Nessuno è infelice se non per colpa sua. Il problema è dunque nostro, di come inquadriamo i casi della nostra vita, di come permettiamo ad altri di inficiare il nostro equilibrio, la nostra traballante omeostasi tra avere e desiderare. Il cardine di Seneca è che la felicità sia una vetta da conquistare in solitaria, praticando virtù ed eliminando i desideri. Poiché diventare virtuosi è difficile, la felicità è affare impervio. Siamo attirati dalle cose e riteniamo che sia il possesso di queste a renderci felici tanto da far definitivamente dichiarare a Seneca che la vera felicità è non aver bisogno di felicità, cioè di beni.
Seneca si dichiarava seguace dello stoicismo, ma nelle famose Lettere a Lucilio attingeva a piene mani da Epicuro, il quale è a sua volta l’autore di una celebre Lettera sulla felicità.
Un’altra forma di felicità senechiana è l’atarassia, ovvero la sospensione del giudizio. Non si tratta della epochè o sospensione per mancanza di indizi, bensì di una vera e propria assenza di agitazione, che deriva dalla comparazione e dall’invidia. Uno in pace con sé stesso non sente il desiderio di impegolarsi in beghe e ciò è salutare per l’animo ed è felicità.
Marco Aurelio, nipote dell’imperatore Adriano, uno che pensava molto e metteva per iscritto i suoi pensieri, ebbe a scrivere a proposito della sospensione del giudizio: Togli di mezzo la tua opinione e allora toglierai di mezzo la lagnanza, il ’sono stato offeso’. Togli di mezzo la lagnanza e l’offesa scompare.
Insomma, se pensate di aver subito un’offesa, a torto o a ragione, mettetevi a spazzare le foglie in giardino, preparate un dolce, sferruzzate, spaccate legna, riparate la tapparella, coloratele, datevi alla manualità e tutto magicamente scompare.
Come già accennato, altro tema senechiano ed epicureo, è l’apatia, o assenza di dolore, quale sinonimo di felicità. Apatia nel senso più comune è la svogliatezza triste, tuttavia non è questa la traduzione filosofica più pertinente. Come ognuno ha intuito, tutti i termini che descrivono la felicità di buona parte degli antichi iniziano con alfa privativo e denotano mancanza, più che presenza.
Per Seneca, inoltre, la felicità non è mai altrove e, soprattutto, mai nel passato, né nel futuro. In questa prospettiva, il suo insegnamento è simile alla famosa massima buddhista: «Qualunque cosa tu faccia, falla col cuore». Significa entrare nel flusso corrente, aderire completamente a ciò che si sta facendo nel momento, comprese le faccende domestiche.