Descrizione
Come sicuramente ha detto qualcuno, far di poesia è cosa da anime inquiete tra le pensierose vette della filosofia della strada. Perché un poeta in fondo è un filosofo senza esserlo, che tratta le cose del cuore e dell’anima e tra quelle appunto, vi naufraga dolce e poi subito si ritrova, prima ancora di esserne uscito illeso, a recarsi il giorno dopo a lavorare in fabbrica o in ufficio. Tra i poeti abbiamo tutte le categorie: dal rappresentante di commercio, all’insegnante, all’operaio, all’idraulico, alla segretaria, all’ingegnere, alla cassiera a tempo determinato. Perché la poesia in fondo, capita a tutti prima o poi nella vita, come una malattia ma senza effetti collaterali gravi, anzi, pare faccia pure bene ogni tanto esserne affetti, seppur per poco. E prende tutti pare, a tutte le età, dall’adolescenza innamorata, al pensionato che già lo sapeva d’esser poeta e poi, di qui e di là, alla fine tutti risentono di non esserlo stato mai veramente qualora non fossero stati capaci di esserlo nella vita normale, tra il via vai della metropolitana di tutte le mattine e la sosta pranzo in azienda. Perché di poesia in fondo non v’è mai campato nessuno sul serio.
E oggi parliamo di un’autrice dall’alias aureo, seppur ribadito da un simil nome proprio di persona quasi comune. Dietro vi sta un animo a sembrar semplice, ma che di semplice neppur l’ombra della punta della penna da cui l’inchiostro sgraffia parole in versi, che da intimi diventan di tutti, perché tutti in fondo, portiamo con noi l’intimo di tutti, inevitabilmente disuguale sino all’uguaglianza dei diseguali, sino a risultare alla fine tutti perfettamente identici. E quindi siamo qui, pronti da questo titolo appeso al cielo dei tempi nostri ad ascoltarne il silenzio, la metamorfosi di cosa siamo veramente, delle convinzioni che abbiamo, del tempo che scorre, della pioggia che cade e dell’amore che ci pervade sino in fondo, quanto la gelosia e il vento, il freddo o il silenzio di un borgo antico o quello dell’arte, quando grida e poi ancora delle lune ed oltre e per sempre. Della musica e degli ardori di cosa siamo veramente, forse custodi runici di una lingua di cui ben poco conosciamo, ma che intuiamo come unica, nella pietra scalfita nella notte dei tempi chissà da chi, chissà da dove, chissà perché…
Buona lettura a tutti quindi, di questa buona poesia onesta e puntuale e pulita e senza neppure quella disperata voglia di essere ricordata, ma convinta che anche soltanto essere passata almeno una volta, già abbia fatto bene a chi l’ha scritta prima di tutto, e a chi l’ha visitata seppur per sbaglio o per fortuna, anch’egli magari senza averlo desiderato mai veramente. Tutto questo sempre tra noi, e felice, d’esser passata almeno una volta… sempre tra noi.
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